Il Barattolo
ASSOCIAZIONE DI COLLEZIONISMO BIRRARIO

Birra Faramia



La famiglia Faramia, seduti i bisnonni, in piedi i quattro figli:
Giovanni, Maria, Clotilde, Francesco.

Francesco e il piccolo Enrico

Racconterò la storia della birra prodotta dalla mia famiglia come mi è stata tramandata dai diretti protagonisti di questa bella realtà, che ha attraversato buona parte del secolo scorso.

La Birra Faramia nasce dall'intuito del mio bisnonno Enrico all'inizio del '900, il quale, dopo una fortunata esperienza nel campo della pasticceria e dopo la fase di distribuzione di acque con il socio Riccardi a Cuneo, decise di aprire una fabbrica di birra a Savigliano sfruttando l'opportunità offerta dal Comune che gli offrì gratuitamente il terreno in cambio della creazione di bagni pubblici che avrebbero sfruttato l'acqua calda indispensabile per la produzione di birra.

La fabbrica quindi prende avvio intorno al 1908 producendo non solo birra, ma anche bibite e ghiaccio, molto richiesto in quanto i frigoriferi erano lontani dall'essere commercializzati.

In quegli anni le bibite rappresentano una fetta importante del fatturato dell'azienda perché compensano l'ancora limitato interesse per il consumo di birra trovandoci in una zona molto legata al consumo di vino.

La produzione di bibite è molto varia, si spazia fra la gazzosa, l'aranciata, la limonata, la cedrata e l'alpina una bibita a base di menta creata in esclusiva. Completava l'assortimento tutta una serie di spume, molto apprezzate in quel periodo.

Il bisnonno Enrico decide quindi di mandare il figlio Francesco (mio nonno) in Austria a frequentare le scuole birrarie dalle quali ritorna diplomato nel 1915 proprio all'inizio della prima guerra mondiale.

La guerra costringe Francesco ad allontanarsi dalla fabbrica per tutto il periodo e ritorna soltanto alla fine del conflitto.

Al suo ritorno il padre, per formare il giovane Francesco completamente, lo manda a Villar Perosa come concessionario non solo della Birra Faramia, ma anche di altre birre allora in auge (Bosio & Caratsch, Metzger, Italia ecc.), ma dopo pochi anni un gruppo di emigranti del luogo, arricchiti in Sudamerica offre una cifra molto elevata per rilevare l'attività. Francesco accetta e sposta il deposito a Bra dove nasce mio padre Enrico.

Alla morte del bisnonno Enrico, Francesco rientra a Savigliano e si dedica completamente alla produzione.

In quei tempi la fabbrica non si occupa solo di produrre ma anche di distribuire la produzione fino al livello di privati nel circondario e si avvale di distributori per le zone più lontane.

Così continua fino a dopo la seconda guerra mondiale quando nel 1948 entra in azienda il figlio Enrico (mio padre)creando una società.

La guerra aveva ridotto molto le risorse dell'Italia e la ricostruzione si presentava molto faticosa.

La produzione non era molto meccanizzata, ad esempio le bottiglie erano lavate a mano una per una e controllate a vista per verificarne la pulizia, le etichette erano attaccate a mano (io ricordo da bambino grandi tavoli di marmo cosparsi di colla e su di essa appoggiate una grande quantità di etichette disposte meticolosamente in attesa di essere attaccate da una squadra di donne pazienti), i tappatori erano azionati a mano da una persona che bottiglia per bottiglia metteva il tappo.

Anche il trasporto delle casse era difficoltoso, durante la guerra si erano usati i carri con i cavalli perché i camion erano stati requisiti dall'esercito tedesco.

A fronte del sequestro i tedeschi avevano consegnato un buono per il ritiro di un camion a fine guerra, ma tutti pensarono che fosse solo una presa in giro.

Invece a fine guerra la fortuna bacia i possessori di tali buoni perché l'esercito americano, non considerando conveniente riportare in patria i tantissimi mezzi che aveva in Italia, comunica che i possessori di tali buoni dell'esercito tedesco potevano ritirare un camion americano presentandoli al deposito di Pisa.

Così potemmo avere due meravigliosi DODGE che pur avendo fatto la guerra espletarono il loro compito con onore per anni.

Legata alla fine della guerra, intorno alla metà degli anni '50, si presenta una insolita attività che andrà avanti per alcuni anni.

L'Esercito Americano tramite una società di Bologna ci contatta per usufruire della grande quantità di ghiaccio che si poteva fornire, per incassettare le pannocchie di granturco che lo stesso esercito comprava dalle vaste coltivazioni che circondavano Savigliano e spediva ai propri soldati di stanza in Germania.

La fabbrica infatti era posizionata proprio davanti alla stazione ferroviaria ed i carri frigoriferi non avevano ancora i motori, ma erano raffreddati da barre di ghiaccio, inoltre le cassette contenenti il granturco erano ricoperte di ghiaccio tritato.

Per diversi anni un intero cortile su tre della fabbrica fu un fermento di persone che riempivano cassette di pannocchie e le ricoprivano di ghiaccio tritato da una grande macchina per poi venire trasportate nella vicina stazione e caricate sui treni merci per la Germania. Ufficiali americani sorvegliavano l'operazione ed era un andirivieni di Jeep con la stella bianca sul cofano.

Intanto la produzione comincia ad incrementarsi dai pochi 7.000 ettolitri fino a raggiungere i 20.000 nel pieno del boom economico distribuita in aree sempre più ampie di vendita.

La distribuzione si spinge oltre al Piemonte anche alla Liguria, Valle d'Aosta ed una piccola realtà in Emilia a Casalecchio di Reno.

Nel 1960 La Birra Peroni si fa avanti per acquistare la fabbrica, per accaparrarsi una realtà ben consolidata e con una buona clientela obbligata per espandersi al Nord da un accordo tra tutte le aziende birrarie che unificava il prezzo di vendita, la pubblicità (alcuni ricorderanno la pubblicità con Mina che recitava bevete birra generico) e soprattutto bloccava i clienti ad una certa data che diventavano intoccabili ad altri marchi.

Dopo aver superato un'infinità di dubbi ed incertezze (si era in un momento molto buono di produzione ed vendite) Francesco ed Enrico decidono di vendere anche convinti dalla grande signorilità della famiglia Peroni nelle figure di Franco Peroni e Carlo Peroni ed in seguito dall'erede Rodolfo Peroni.

Fu una bellissima ed entusiasmante collaborazione, Francesco si ritira (ha quasi 70 anni) pur mantenendo la sua scrivania in fabbrica ed Enrico diventa direttore dello stabilimento.

La Peroni in quegli anni tenta di acquistare anche altre piccole realtà in zona, prima fra tutte le Birra Parola di Borgo S.Dalmazzo (CN), ma la poca lungimiranza dei titolari fa si che l'affare non venga concluso ed in breve tempo la potente concorrenza dei grandi marchi, soprattutto dopo che salta il patto birrario che bloccava il prezzo e la clientela per l'ingresso di nuove realtà straniere (vedi Prinz Bräu), liberalizzando il mercato, porta alla chiusura di queste piccole entità industriali.

Da quel momento, grazie alla forte spinta economica dei Peroni, la fabbrica viene molto potenziata fino a raggiungere i 50.000 ettolitri ed incrementando molto la clientela.

Molti investimenti vengono realizzati sia per quanto riguarda i macchinari, con l'arrivo di grandi lavatrici, pastorizzatori, imbottigliatrici e per la prima volta di etichettatrici che alla mia fantasia di ragazzo sembravano delle mitragliatrici, sia per quanto riguarda l'acquisizione di nuovi mercati di vendita.

Purtroppo l'arrivo di questi macchinari segna la fine della produzione di bibite perché servono gli spazi occupati da quella attività.

Anche la produzione di ghiaccio finisce in quel periodo sia perché ormai hanno preso piede i frigoriferi elettrici sia perché servono gli spazi per altre cantine di deposito.

Si incrementa molto il numero dei concessionari e degli agenti di vendita e termina la distribuzione diretta ai privati dalla fabbrica, affidandola a ditte che si occupano della cosa.

Vengono inserite la birre speciali come la Nastro Azzurro e la Amstel (prodotta dalla Peroni su licenza) cha arrivano rispettivamente dallo stabilimento di Napoli e di Roma ed il marchio Faramia diventa sempre meno sostenuto in quanto la pubblicità nazionale è tutta sul marchio Peroni.

Purtroppo negli anni '70, il marchio Faramia scompare per diventare prima Birra Peroni Piemontese e poi integrata nel marchio Birra Peroni s.p.a.

Alberto Faramia

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